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Sguardi dell'Anima 2019 

 

“Sguardi dell’Anima”

 

In questa proposta espressiva ho voluto porre l’attenzione sulla riflessione e sull'importanza dello sguardo umano. Gli occhi sono il soggetto centrale dello sguardo a cui, inizialmente, oltre alla sua capacità percettiva e visuale, possiamo attribuire l'interpretazione di una finestra, una soglia che unisce la dimensione interna a quella esterna; esterna,  poiché noi siamo interdipendenti con l'ambiente che ci circonda, esterna giacché veniamo trasformati costantemente dalla nostra interazione con il mondo e quindi abbiamo intrinsecamente una parte di mondo in noi e, allo stesso tempo, ciò che percepiamo di esso ci trasforma, e viene restituito attraverso i nostri fatti e i nostri pensieri, attraverso il nostro interagire con l'ambiente. Perciò lo sguardo è testimone fedele dell'espressione umana nel volto di ogni essere, il quale riflette questa interazione; siamo dunque segnati nel nostro essere, nel nostro corpo, nel nostro viso e nel nostro sguardo dal vissuto che deriva da questa relazione interna ed esterna. 

 

Le intenzioni di questo progetto sono: 

 

-- Far riconoscere attraverso l'osservazione di noi stessi e degli altri, questi vissuti per restituire nuovo valore e significato all'esistenza di tutti noi. Siamo immersi nel guardare da una finestra virtuale per osservare tutto ciò che si fa in ogni angolo della terra, dalle cose più sublimi alle cose più banali ed insignificanti, talvolta perdendo di vista ciò che accade attorno a noi nel presente, dimenticando di guardare chi ci sta di fronte, chi ci sta accanto per comprendere meglio i segni ed i significati di ciò che succede.

 

-- Riacquisire uno sguardo più attento e intelligente verso il nostro quotidiano e non essere preda dell’automatismo pilotato dai media e dai social che obbedisce a interessi lontani dalla nostra vera essenza nell’immanenza, del qui ed ora. 


-- E ancora quello di trovare una genuina attenzione alla realtà più vicina e di assimilare meglio i nostri stati di esistenza: la felicità, il lavoro, la sofferenza. Sono tutti stati da considerare non solo dal nostro punto di vista ma anche da quello di chi ci sta attorno. E’ nel relazionarsi in questi vissuti che si forgia il nostro sguardo e non dare importanza a questo processo, rappresenta la perdita di una vitalità nel presente, diventando una pseudo-vita sospesa virtualmente che non ci permette di crescere.

 

Troviamo nello sguardo e nel vissuto che traspare da esso, il racconto di una storia o di mille storie di lavoro, di vita, di allegrie, di pene, di sofferenze, di vanità, di vuoto, di pienezza e tanti altri valori e sentimenti che ci aiutano a riconoscere e decodificare, attraverso gli sguardi, la relazione con la nostra vita; uno sguardo può rappresentare la stanchezza di una vita di lavoro e a allo stesso tempo la realizzazione e la pienezza di una vita ben vissuta; un’apparente bellezza esterna potrebbero racchiudere vacuità e banalità interna, oppure fragilità. La nostra capacità di interpretare l'espressione degli altri sta alla base della comprensione di chi abbiamo davanti, in cui talvolta riconosciamo noi stessi.

 

Sono migliaia gli sguardi del presente e quelli che appartengono al passato; altri ancora quelli che rendiamo immortali attraverso l'arte e attraverso la trasformazione in simbolo. Per millenni l'uomo ha voluto rappresentare il contenuto spirituale e vitale attraverso l'arte, lasciando un segno e un'eredità di ciò che ha più valore per la nostra umanità. Tra questi riconosciamo spesso vestigi di sguardi, di espressioni e di occhi. Sono innumerevoli le manifestazioni della loro presenza che testimoniano come noi attribuiamo una carica simbolica allo sguardo e agli occhi. 

 

Vi sono inoltre, diversi esempi nelle antiche religioni e nei culti in cui viene rappresentata un'intelligenza superiore, una presenza onnisciente che osserva dall'alto: questo ci ricorda che lo sguardo non è soltanto ciò che noi vediamo ma anche come siamo visti. La vigilanza rappresenta un simbolo nella moralità: un elemento regolatore è "l'occhio che tutto vede”, la divinità che ci osserva. Nella cultura araba veniva rappresentato l'Occhio dentro il palmo della mano, chiamato Khamsa o Hamsa (letteralmente “cinque”) per definire i “cinque pilastri dell'Islam”, ovvero fede, digiuno, pellegrinaggio, orazione, purificazione mediante il servizio e carità. L'occhio rappresenta la presenza divina che aiuta ad allontanare il male e i cattivi desideri altrui. Nella stessa cosmogonia araba l'Occhio con le palpebre ha un significato profondo e rappresenta nella sua totalità il divino, Allah, l’onnipotente mentre ogni singola parte del simbolo assume diversi significati: la pupilla dell'occhio rappresenta l'uomo, quindi il cosmo, e le sopracciglia rappresentano il tempo quindi il microcosmo.

 

Vediamo dunque un fattore di relazione tra divino e spirituale dell'uomo, tra il suo ambiente e il mondo che lo circonda, tra i fatti che creano la Storia nel tempo e costruiscono il mondo; il tutto in uno sguardo: quindi uno sguardo può racchiudere l’universo. 

 

Tra alcuni degli esempi più conosciuti dell'immaginario collettivo possiamo citare l'Occhio di Ra o l'occhio di Horus, un tempo distinti, vengono identificati con un unico simbolo: la prosperità che nella sua figura geometrica rappresenta le frazioni numeriche con cui si misuravano le porzioni di grano, una proporzione aritmetica del commercio da cui veniva sorretta la sussistenza di tutta la civiltà. Inoltre, queste parti del simbolo rappresentavano i sensi umani: la pupilla, l'olfatto; il sopracciglio, la vista o la luce; la parte verso l'orecchio, il pensiero e l'udito; la coda curva a forma di spirale, il gusto associato al germoglio del frumento; il piede che tocca il suolo, il tatto e l’unione con la terra. Come complemento, dunque, abbiamo da una parte Ra rappresentato dal sole, principio di tutte le cose e della vita e dall’altra Horus ovvero la fine, la morte ma intesa come l’inizio di un processo di trasmutazione della vita stessa. In sintesi: l’occhio di Ra-Horus racchiude il ciclo della vita. 

 

Sia nella cultura islamica che nella cosmogonia egiziana si osserva come vengono messe in risalto la qualità e le risorse umane e vitali da cui l’uomo può trarre un insegnamento: interagire meglio e più intimamente con il mondo per una crescita etica e spirituale. Sarebbero altri e innumerevoli gli esempi simbolici presenti nella Storia a tale riguardo. 

 

È interessante sottolineare l’importanza dello sguardo nei primi anni di apprendimento. Alcuni scienziati hanno rilevato che la lingua, l’accettazione o il rifiuto delle azioni ritenute corrette o non corrette che plasmano parte del nostro carattere e il modo in cui creiamo contatto col mondo, vengono trasmesse dai genitori ai figli come un corredo della struttura fisiologica umana attraverso la nostra osservazione del viso e delle espressioni. E lo sguardo dei nostri genitori, quindi uno sguardo che guarda un altro sguardo per dare le prime indicazioni nella comprensione del mondo. Questo concetto viene inoltre sostenuto dalle riflessioni di Emmanuel Lévinas che sostiene: “l'Altro uomo non mi è indifferente, l’Altro uomo mi concerne, mi riguarda nei due sensi della parola riguardare”. Partendo da questa riflessione si apre un discorso sul processo d’identità che sorge dell’autodeterminazione del sé attraverso l’opposizione all’Altro, quindi di come la relazione col mondo esterno e quella ancora più intima del contatto umano, che inizia dallo sguardo reciproco con gli altri, ontologicamente concede a noi di riconoscerci nell’interazione con gli altri, questo inevitabile contatto ci porta all’ultima parte della relazione sugli sguardi.

 

Perché creare la serie “Sguardi dell’anima” in un caffè? La mia intenzione è quella di creare soggetti che parlino di contatto, di relazione, del riconoscere e del riconoscersi. Ho voluto ricercare il vissuto intenso dell’anima in diversi momenti dell'esistenza per recuperare la nostra visione dell’umano in noi stessi. Questo progetto non poteva essere realizzato nell'isolamento di uno studio. È stato necessario dunque, immergersi nel caos quotidiano, tra la gente. Il miglior compromesso tra concentrazione e immersione è stato proprio il caffè, un ambiente che mi mette a mio agio nel lavoro e che allo stesso tempo è un luogo vissuto intensamente dalle persone. Le sessioni di circa 3 ore si sono svolte in diversi caffè: il bar Tenda Rossa a Muggia, il caffè San Marco e il Caffè dei Libri a Trieste. Proprio in quest’ultimo ho deciso di fare la prima mostra di questa serie, essendo il luogo più adatto, un posto accogliente, pieno di dinamicità e umanità, frequentato da persone di tutte le età, dove non manca l’effervescenza degli studenti che trovano agio in questo luogo per i miei stessi motivi. Anche gli amanti della cultura trovano spazio in un caffè letterario, oltre ad essere una postazione d’osservazione, per le sue vetrate sia al piano terra che al primo piano, verso l’esterno per guardare lo sguardo dei passanti, lì dove un occhio curioso gira come una bussola impazzita che non resiste alla possibilità di guardare, vedere, rivedere… Una postazione privilegiata nel cuore della città che permette di vedere e individuare il passo della gente nella strada e sul marciapiede, ideale per raccogliere le tracce di mille storie di vita, attraverso mille sguardi.

Scritto dal Artista Leonardo Calvo 

Revisione del testo Laura Vattovaz